sabato 13 marzo 2010

Tess

Tess

Un film di un po’ di tempo fa che mi ha fatto molto pensare è stato “Tess”, una pellicola del 1979. Dietro la macchina da presa c’è Roman Polanski, regista polacco di origini ebree che ha lavorato anche in Italia e che ha vinto il premio Oscar come miglior regista un paio di anni fa, con il toccante film “Il pianista”. Polanski stavolta invece ci racconta la storia di una donna, Tess, dall’omonimo romanzo di Thomas Hardy (1891), a cui è abbastanza fedele. Tess (Nastassja Kinski) è una contadina inglese dell’800, che va a lavorare come bracciante presso una fattoria. Lì il fattore, Alec (Leigh Lawson), si innamora di lei e la mette incinta. Così Tess fugge, per la vergogna, dall’invidia degli altri braccianti. Si rifugia a casa del padre. Il bambino nasce, ma dopo poco tempo muore e non viene seppellito in terra consacrata, poiché non era stato battezzato -il prete non aveva voluto battezzarlo perché frutto dell’amore extraconiugale del fattore-. Tess quindi lascia la casa del padre e trova lavoro in un altro posto. Lì un contadino, Angel Clare (Peter Firth), si innamora di lei, ricambiato. Celebrato il loro matrimonio, Tess gli confessa la sua precedente disavventura amorosa. Il marito, dispiaciuto e confuso, la lascia per andare a cercare fortuna in Brasile. Passato molto tempo, Tess incontra di nuovo Alec, che cerca di convincerla a sposarlo. Tess, dopo molte esitazioni, accetta credendo che Angel fosse morto. Ma questo ultimo ritorna dall’America e la situazione peggiora fino a terminare in tragedia…

Il film è una collaborazione franco-inglese e, a suo tempo, ebbe successo e piacque in parte anche ai critici. In esso si può notare la maestria del regista polacco nel descrivere un personaggio di spessore senza “farlo parlare troppo”. La Tess di Polanski è infatti silenziosa, schiva, sottomessa, ma quasi diabolica. Lo spettatore è spinto a vedere con distacco la protagonista durante le sue sventure, ma allo stesso tempo è sensibile alla sua storia, come se essa fosse solo una pedina nelle mani di qualcun altro, ovvero la ipocrita società vittoriana. Questa ultima la avrebbe etichettata come una “fallen woman”, una "donna caduta"(vedi letteratura francese dell’epoca); Polanski, e anche Hardy, intendono invece dimostrare l’innocenza di Tess, stuprata da un provincialotto e abbandonata dal marito, costretta solo dal caso ad improvvisarsi assassina. Essa è infatti rappresentata, tanto nel romanzo quanto nel film, come una lavoratrice, pronta a dire la verità, anche se scomoda, al marito. Si critica invece la religione cattolica, i cui praticanti vengono descritti come bigotti e ipocriti: il battesimo viene vietato a chi lo richiede, il matrimonio è visto soltanto come un “contratto” neanche tanto valido (Tess si sposa mentre è ancora sposata). Nel film inoltre si può notare l’ eleganza con cui il regista riesce a descrivere l’erotismo in tutta la vicenda. Polanski infatti non eccede mai nel mettere in scena i momenti più scabrosi, ma bensì lascia che lo spettatore intenda. Da alcuni però questa fisicità così poco accennata è stata vista come un eccesso di pudicizia da parte del regista. Premio Oscar alla scenografia, curatissima (vedi ultime scene a Stonehenge), fotografia, che ritrae benissimo la campagna inglese in cui si impongono sempre di più le macchine, e costumi, appropriati a ciascun personaggio. Golden globe come miglior film straniero. Brava Nastassja Kinski ed anche gli altri attori. Da vedere.

http://www.youtube.com/watch?v=xvGZ5XXPCSM

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